Non basta il referendum del 1° luglio a fare del Marocco una monarchia costituzionale. C’è una nuova Costituzione, ma rimane inviolabile la figura del re. Che così frena il Movimento del 20 febbraio.
Come largamente previsto, la nuova Costituzione è stata approvata a stragrande maggioranza (98,5% di “sì”) dal referendum del 1° luglio. L’attenzione era tutta sul tasso di partecipazione, 73,46% secondo i dati provvisori. Perché è apparso subito chiaro che il referendum più che la nuova Costituzione riguardava il re, che l’aveva voluta per fermare la contestazione.
Le opposizioni, tra cui il variegato Movimento del 20 febbraio e la Coalizione per una monarchia parlamentare, che avevano fatto appello al boicottaggio, contestano i risultati. Fanno notare che una sola parte degli aventi diritto al voto è iscritta nelle liste elettorali (è su questo dato che si calcola la partecipazione). Sorprende che i tassi più elevati siano proprio nel Sahara Occidentale occupato, dove i sahrawi hanno boicottato le urne…
Al di là dei dati, il fatto più importante è che il re abbia deciso di prendere l’iniziativa politica e che lo abbia fatto, per la prima volta, sotto la spinta della piazza. I mesi a venire diranno se la mossa di Mohammed VI avrà successo. Quello che colpisce, al di là dell’enfasi del Palazzo e di gran parte dei commentatori, e che le novità della nuova Costituzione sono veramente poche. Poiché – a dispetto della presenza di un parlamento e di un multipartitismo – quella marocchina è una monarchia assoluta, è interessante analizzare come ne esce la figura del re.
In estrema sintesi si può dire chela figura del monarca ne esce intatta. Il re continua ad essere il capo dei credenti (Amir Al Mouminin), e a presiedere il consiglio dei ministri, a nominare il primo ministro e su proposta di questi, a nominare i ministri (e a dimetterli), come nella precedente Costituzione. Si fa presente che la scelta del primo ministro è ormai limitata dal fatto che il re lo debba scegliere all’interno del partito che ha vinto le elezioni. Il problema è che finora la monarchia ha sempre scelto quale partito dovesse vincere le elezioni. Come prima il re continuerà a presiedere la prima sessione annuale delle Camere, e a poterle sciogliere, a presiedere l’organo di garanzia giudiziaria, il Consiglio superiore della magistratura. Ed è, come sempre, capo delle Forze armate e ha il potere di nominare le gerarchie.
La persona del re rimane inviolabile, ma perde l’attributo di “sacra”. Non è certo questo il passaggio decisivo per fare di quella marocchina una monarchia costituzionale. Né ora, né prima, nessuna norma costituzionale prevede la messa in stato di accusa del re o la censura del suo operato. Come nella precedente costituzione si parla delle libertà fondamentali e dei diritti umani. Su questi, come sui altri principi, si rinvia continuamente alla legge. Una partita politica si è aperta. Non certo sul testo della costituzione, ma sulla volontà di tenere fede a principi affermati da decenni e mai applicati.
Luciano Ardesi
La redazione di Nigrizia – 4/7/2011